Il progetto

Al via in Sicilia EBioScart – GO FICO, un progetto volto alla valorizzazione e al riutilizzo dei sottoprodotti e degli scarti delle produzioni siciliane di Opuntia Ficus-indica, anche con l’utilizzo di fonti di energie rinnovabili per una bioeconomia.
Le attività rientrano nella strategia dell’economia circolare di sostenibilità, con la misura 16.1 del Psr-Sicilia 2014-2020,e si inseriscono nella filiera ficondindicola dei 3 poli siciliani: Etna, Rocca Palumba, San Margherita di Belice. Il progetto nasce dalla sfida che si sono intestati un gruppo di condizionatori agricoli che hanno intuito che i diversi prodotti che si possono ricavare dalla pianta di ficodindia, possono conquistare sul mercato margini di guadagno veramente interessanti, con trend crescenti sia nei quantitativi, che nei guadagni.

EBioScart a Geo&Geo su Rai 3 – puntata del 6.12.2021

La Ricerca

Grazie agli studi del Cnr, dell’Università di Catania e a tutti i partner, che vedono nel Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia (PSTS) il soggetto capofila, si è guardato all’Agricoltura 4.0, considerando gli scarti del ficodindia, da cui si estraggono pectine, betanine, mucillagini, olio di semi di ficodindia, preziose risorse per le industrie parafarmaceutiche, nutraceutiche e cosmesi, capaci di raddoppiare l’economia del frutto che già da solo aveva conquistato importanti fette di mercato non solo italiano ma anche internazionale.

La Mission del Consorzio

Il consorzio di tutela e di valorizzazione si è occupato non solo di valorizzare il frutto, ma anche sostenere lo studio di nuove tecnologie, per intercettare nuovi segmenti di mercati, che possano dare risposte e coinvolgere più attori economici, dai produttori, fino alle industrie  di  trasformazione di diversi  settori,  che potranno avere nel consorzio e in tutto quello che è il progetto (dalla ricerca, all’attività divulgativa, alle imprese, e al sostegno della Regione Siciliana), un punto di riferimento importante per la crescita dell’intera filiera che ruota attorno al ficodindia.

L’iniziativa

«Questo progetto – spiega Carmelo Danzì, Innovation Broker ci terrà impegnati per diversi mesi e rappresenterà una nuova occasione di sviluppo per tutta Sicilia.
L’iniziativa potrà essere un punto di riferimento anche per i tanti giovani, che, in quest’era di Covid-19 e pandemia, guardano all’agricoltura come opportunità di reddito, ottima collocazione per l’investimento del loro tempo e del loro futuro».

Cronoprogramma

In due anni saranno  messi  appunto tecnologie e processi virtuosi di estrazione capaci di raggiungere quantità importanti e saranno messe in atto diverse strategia di  promozione, comunicazione e  divulgazione, capaci di coprire  l’intero territorio regionale e nazionale, le imprese di settore, il target specializzato della Ricerca e  nuove tecnologie, attraverso il coinvolgimento dei media, la  comunicazione in modalità remoto, l’organizzazione di eventi  divulgativi, fiere, campi dimostrativi.

La Storia

La Opuntia Ficus-indica è arrivata in Sicilia intorno all’anno 827, probabilmente con i Saraceni o più tardivamente con gli arabi, ed è riuscita naturalmente a colonizzare l’isola. Nel ‘900 la pianta veniva utilizzata solo per rimarcare i confini dei terreni agricoli, mentre nel periodo dei conflitti mondiali rappresentativa il pane dei poveri. In questo millennio si è iniziato ad apprezzare maggiormente il frutto, che ha visto la nascita dei quattro poli produttivi. Solo quattro anni fa, grazie all’iniziativa degli agricoltori del Sud-ovest etneo, complice la crisi del settore agrumicolo, il ficodindia ha iniziato a guadagnare ettari di terreno, soppiantando gli agrumeti terrazzati. Oggi, grazie alla complicità delle imprese agricole che hanno scelto di puntare sul ficodindia, mettendo a disposizione il loro know out, la loro esperienza, il frutto non solo si attesta come cultura da reddito in Italia, ma comincia a conquistare sempre più stati in Europa, per guardare anche oltre Oceano, riuscendo anche a conquistare mercati insperati.

Il Parco Scientifico

Il Parco Scientifico – spiega il presidente Giuseppe Scuderi – è un organismo di ricerca, una società consortile per azioni, di cui la Regione detiene l’87% delle azioni e i privati il 13%. Il Parco è un organismo di ricerca nel campo dell’agricoltura e delle Scienze della vita, settori chiavi delle strategie della Regione per lo sviluppo futuro. Il Parco si muove anche nel settore digitale e di recente ha svolto il ruolo di soggetto capofila con l’unica candidatura dell’European Digital Innovation Hub, sul bando pubblicato del Mise, contando di portare questo importante risultato per la Sicilia. Il digitale entra ormai in tutte le attività e quindi anche nell’Agricoltura, in quanto l’Internet delle cose, entrerà sempre di più nei processi di produzione e di ottimizzazione delle lavorazioni dell’agricoltura. Il progetto “Go Fico” – sottolinea Scuderi – punta all’utilizzo dei derivati del prodotto tipico delle produzione agricole siciliane, cioè il Ficodindia, le cui sostanze sono importantissime, oltre al frutto, perché consentono di mettere a punto dei prodotti utili per la cura di alcune patologie come quelle dell’apparato digerente.

I Partners

Le attività coinvolgeranno le aziende leader nel settore, cioè appartenenti alla fase della produzione: l’azienda OP La Deliziosa; l’azienda agricola Mulino Fiaccati, di Filippo Bonanno; l’Azienda agricola Lucia Bonanno; l’Azienda agricola Giacomo Abruzzo.
I soggetti appartenenti alla filiera ma estranei alla produzione come Ficurinia Srls e Promotergroup Spa.
Soggetti pubblici e privati detentori dell’innovazione, come l’Università degli Studi di Catania, Dipartimento di Agricolutura, Alimentazione e Ambiente (Di3A).

Gianni Polizzi, presidente Promotergroup S.p.A, partner del progetto, sottolinea l’importanza della coltura del ficodindia in Sicilia e la sua valorizzazione.
«Il nostro ruolo – dice – è stato quello di redigere il progetto
nella prima fase, mentre successivamente saremo impegnati nella tracciabilità della filiera dalla produzione alla trasformazione che il prodotto subirà all’interno del processo».

Pietro Bua, azienda del cuore del ficodindia Dop dell’Etna, evidenzia il ruolo dei nuovi macchinari per la valorizzazione di tutto il prodotto.
«Noi come azienda ospiteremo il progetto, creando un impianto pilota con l’obiettivo di estrarre le caratteristiche peculiare di questo frutto. Nel dettaglio, in un’ottica di economia circolare, cercheremo di valorizzare anche gli scarti del ficodindia, occupandoci della separazione della polpa dalla buccia, la separazione del succo dalla polpa dell’olio dai semi del ficodindia».

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