A cura del Prof. Giuseppe Timpanaro e del Dott. Arturo Urso

Le attività sviluppate nell’ambito Azione 6 Valutazione economica del progetto EBIOSCART sono volte ad individuare nuove potenzialità di utilizzo/consumo dei derivati dal ficodindia.

In questo momento storico vi è un forte interesse istituzionale per la promozione di un’economia verde, sostenibile e circolare voluta dal Green Deal EU e dal nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare dell’Unione Europea, anche come conseguenza della pandemia da COVID-19 e, nell’immediato futuro, dal PNRR (Next Generation EU).

Si rende pertanto opportuno favorire il ri-orientamento del sistema “produzione-consumo” di ficodindia italiano da un modello prevalentemente orientato ai frutti / derivati per l’alimentazione umana (rosoli, mostarde, marmellate, succhi, frutti di IV gamma, ecc.), modello dal quale si realizzano di fatto 2 sole tipologie di prodotti (Frutto e derivati e Scarto), ad un modello di bioeconomia circolare, con l’obiettivo di ottenere:

  • Frutto e derivati;
  • Biomassa da valorizzare in più prodotti ed impieghi.

La biomassa può esprimere biochemicals per impieghi ad alto valore in ambito food, novelfood, nutraceutica, ma anche per applicazioni di chimica verde in cosmetica, fitoterapia, bio-edilizia, bio-remediation ed altre applicazioni tecniche particolarmente richieste dal mercato.

In questa fase, sono stati esaminate le principali fonti di dati sugli scambi commerciali internazionali (UN ComTrade. Dall’analisi dei dati risulta che l’Italia, ad oggi, presenta una bilancia di approvvigionamento dal resto del mondo in forte debito, pertanto l’ipotesi di realizzazione un’attività di trasformazione locale, se ben concepita, troverebbe degli sbocchi di mercato direttamente sul mercato interno.

È stata quindi pianificata la nuova attività di trasformazione considerando solo lo scarto prodotto presso i magazzini di condizionamento del frutto nell’area che tradizionalmente ha mantenuto la funzione commerciale del ficodindia, ossia il sudovest Etneo. Il prodotto di scarto è rappresentato da tutto il frutto non destinabile alla commercializzazione che “normalmente” residua nel periodo di raccolta e lavorazione dei frutti. Considerati i possibili collegamenti sul territorio, è stata preventivamente accertata e ottenuta la disponibilità a convogliare lo scarto verso un’unica unità di trasformazione in bioderivati. In particolare, questa pre-condizione si rivela utile per non far incidere troppo i costi di trasporto e di approvvigionamento della materia prima da trasformare.

Per la costruzione del business plan sono stati preventivamente valutati alcuni possibili modelli comportamentali/organizzativi per il loro riflesso sui potenziali investimenti (immobilizzazioni di capitali che hanno particolare influenza sulla scala di produzione ottimale, in grado di garantire una fetta di mercato sufficiente e recuperare i costi sostenuti), riassumibili in due estremi:

  1. Modello imprenditoriale/organizzativo di tipo “semplificato” o “snello”

Seguendo lo schema del progetto sono considerabili nel business plan tutti gli investimenti e le operazioni comprese dalla sbucciatura del frutto fino all’estrazione di:

Questi prodotti saranno poi destinati a preparatori/trasformatori conto terzi.

Le rese di laboratorio ottenute dagli altri ricercatori impegnati in EbioScart, in proporzione su 1.500 kg di biomassa, risultano essere: kg 75 di semi (5%); kg 750 di bucce (50%, considerando le piccole dimensioni dei frutti); kg 675 di succo e polpa (45%).

2. Modello imprenditoriale/organizzativo di tipo “a ciclo completo”

Al ciclo precedente occorre aggiungere altri investimenti fino all’ottenimento di succo, pectina e olio ready to use. La pianificazione economico-finanziaria diviene più complessa poiché occorre incrementare la biomassa da trasformare e integrare gli investimenti con nuove macchine.

In particolare, bisogna realisticamente immaginare un impianto che trasformi non solo frutti di scarto di fichidindia ma che potenzialmente possa aprirsi anche ai cladodi e/o ad altra biomassa ottenibile nello stesso territorio, quali bucce di agrumi (per la prossimità con un polo produttivo ad alta vocazione agrumicola).

I prodotti ottenibili possono considerarsi i seguenti:

  • Pectina standardizzata e certificata
  • Betanine
  • Semi /olio
  • Polpa

Tuttavia, per quanto concerne le pectine, i processi industriali oggi maggiormente diffusi richiedono investimenti molto elevati per il raggiungimento di una scala produttiva efficiente, pertanto questi impianti non sarebbero adatti ad un impiego non continuativo.

Per quanto riguarda i semilavorati contenenti betanine, questi hanno un mercato interessante sia come semilavorati per la stabilizzazione di succhi, sia nell’ambito degli integratori alimentari, oggi prodotti per la maggior parte da barbabietola rossa. L’olio di ficodindia è invece un prodotto ampiamente richiesto e con un mercato già consolidato.

Il piano per lo sviluppo del modello di tipo a) prevede – sulla base dei dati sinora ottenuti e dei costi rilevati per l’acquisto/installazione degli impianti – un investimento contenuto (compreso tra € 300.000 e € 350.000) per la realizzazione di un impianto in grado di processare 300 t di prodotto di scarto, con un tempo di rientro dell’investimento (Payback period) stimato in 5,5 anni.